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Bologna

Quando ci rivedremo, sarà più facile riconoscerci

21/04/20

Abitiamo in collina e in questi giorni sospesi siamo tornati a camminare più spesso nei dintorni.
Nascosti tra i calanchi ci sono vecchie roulotte, baracche abbandonate e anche qualche casa che, negli anni, stiamo vendendo cadere.

Quello per l’abbandono è un vecchio amore mai sopito.
In questi tempi distopici è facile che riemerga, così forte.

Incubi o sogni? Non mi interessa.
Non mi è mai interessato.
Bastava navigare l’ignoto.

Mi interessa invece che sogniamo così forte da trasformare l’incubo di questa realtà costretta,
nella nostra utopia di libertà.
Felice non so, ma almeno vera.

Mentre le rappresentazioni capitaliste e false del mondo franano fragorosamente davanti a particelle di paure che non si vedono,
non smetto imperterrita di sognare il mio altrove.

Punto tutto, mi godo il rischio.

Giorno 24 di quarantena

Mentre il silenzio si fa strada fuori, grave e dolce, familiare,
una voce-pensiero si fa spazio, dentro,
nuda,
rinnovato potere di urlare rivoluzioni.

Ritorna musica dura di tempi passati, in cui tutto poteva succedere.
Come ora del resto!
Gli ideali, le emozioni, non invecchiano.

Soprattutto tornano parole, segni (anche fasulli, perché si sa, l’Universo ama giocare),
indizi nella tela della Donna Ragno,
forma della Dea che mi guida e che forse dovrei-vorrei imparare a pregare.

E se anche le parole vere ritornano, flusso a cui abbandonarsi,
capaci di cantare la rabbia giusta,
allora qualcosa si è rotto nell’armatura costruita attorno al cuore.

Da lì esce il potere.
E noi non abbiamo paura di perdere l’anima, né niente.

Condivido un pensiero, lucido e delizioso, che ne ho – e forse ne abbiamo – bisogno, in questi tempi finalmente esplicitamente oscuri:

quando ci rivedremo, sarà ancora più facile riconoscerci, simili.

Gli occhi parleranno ancora più forte, rideranno:
saremo i pochi senza maschera!

Quei pazzi, irriverenti, cinici, ribelli (o saggi?).

Quelli che non temeranno gli abbracci, gli altri, la vita che scorre, così come viene.

Perché ci avevamo già fatto amicizia da tempo, con la morte.

A presto, liberi.

Voi sapete chi siete.

P.S. I corvi ultimamente, qui sulla collina vengono più vicini, si sentono gracchiare di più.
L’altro giorno, mentre prendevo sole, vitamina D e respiro, e leggevo la qualunque per decifrare la Realtà, un corvo si è appollaiato su un palo a pochi metri da me, ha gracchiato un po’, e se ne è andato.
Non mi è suonato per nulla sinistro, ma un fratello che mi capiva, più dei tanti che ora delirano in preda al fascismo sanitario.
O amo l’apocalisse (che può essere…), o questa prova di apocalisse congelata nasconde delle opportunità.
Almeno per i corvi, che provano a parlarcene.