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Bologna Scritti

I 400 metri

29/04

Stamattina sono uscita per accompagnare il gatto dal veterinario. Stanotte è stato poco bene e la mia ansia, unita
alla sua patologia respiratoria pregressa, mi ha fatto decidere che quella era la cosa da fare.
Il veterinario, ovviamente, non sta dentro i quattrocento metri da casa previsti dalla nuova ordinanza, saranno
almeno quattro chilometri e mentre guido ho la sensazione di essere una latitante, che di per sé non è così
spiacevole.
Fatto ciò che andava fatto, usciamo, ci rimettiamo in macchina, Marlene Kuntz e via verso casa.
Dopo meno di duecento metri inizio a percepire qualcosa intorno al perimetro che definisce il mio corpo nello
spazio. Mi guardo le mani inguainate dal lattice, tolgo la destra dal volante, muovo le dita una dietro l’altra
tamburellando l’aria, la riassesto sul volante per poi fare gli stessi gesti con la mano sinistra.
Mi fermo all’incrocio, tanto non passerà nessuno.
Sono libera cazzo. Non ci credo. Un ghigno mi storce la bocca, non sono più abituata a ridere.
Sono fuori, ho superato i quattrocento metri. Quand’è stata l’ultima volta?
No, questo è impossibile saperlo, il tempo come lo conoscevamo non esiste più dove siamo ora.
Sono libera, sono fuori, e questo è un fatto. Il solo fatto che conta ora.
Cazzo ma allora vado al mare. Da quant’è che non vedo il mare? Sì, lo so, non posso sapere manco questo. È un
automatismo e, in fondo, non voglio saperlo davvero. Mi basta che sia dentro la mia mente come primo pensiero
da fuggiasca.
Quindi siamo d’accordo, andiamo al mare. Al gatto non importa poi molto, ma conosce bene la mia fissa per il
mare e mi dà la sua benedizione girandosi dall’altra parte.
Accelero piano per svoltare a sinistra, la strada che avrei fatto comunque per tornare a casa, solo che nessuno sa
quello che ho in mente di fare adesso, devo stare molto attenta, non farmi notare. Soprattutto dagli Spettatori alle
finestre. Si chiamano così. Quelli vengono addirittura premiati se ti segnalano mentre non stai facendo un bel
niente in strada. Gli danno una specie di bonus per ogni avvistamento, arrivati a dieci, gli arriva il riconoscimento
di “Cittadino esemplare”, con tanto di pendaglio. Uno un mese fa ci s’è impiccato. Con l’ultima delle dieci
segnalazioni, senza accorgersene, aveva fatto arrestare suo figlio che non metteva il naso fuori da mesi. Sarebbe
rimasto in carcere sette anni, che su un ragazzo di appena diciott’anni, sono una cifra considerevole.
Per arrivare al mare da dove mi trovo ci saranno cento metri scarsi. Un’eternità.
Tutti i nodi possibili contenenti ciò che mi potrebbero dire se mi trovassero mi si accalcano in gola.
dove abita lei?
ehm, io sono venuta qui col mio gatto, vede dovevo…
non le ho chiesto del gatto, voglio sapere dove abita? cosa ci faceva sulla spiaggia sotto la pioggia con
l’ombrello?
beh, non volevo bagnarmi, piove molto, di questi tempi è meglio non ammalarsi. ma poi lei che ne sa che ero in
spiaggia? Dev’essere stato uno Spettatore maledetto, penso.
senta ma mi vuole fare fesso a me? qui le domande le faccio io. mi dia i documenti.
ehm, ecco, senta va bene se i documenti glieli ficcosuperilculo?
Già mi vedo in gabbia, la gabbia vera però, quella dove, in questa linea temporale sospesa tra il prima che non è
più e il dopo che non viene, chi sta dentro deve restare dentro.
Non importa se fuori imperversa la pandemia.
E non importa se i secondini escono fuori e portano il coronavirus dentro.
se eri dentro resti dentro.
e manco più le visite ti faccio arrivare.
i secondini sì, gli amici no.
e se provate a rivoltarvi saranno guai,
avete visto cos’è successo a Modena, a Rieti, a Bologna?
Qui da noi adesso funziona così. A pensarci bene, è sempre stato così. Di diverso c’è solo che questo virus, con
tutte le paure che diffonde, esaspera tutto, e quello che c’era già ora è reso solo più evidente.
Potreste pensare che il mio cervello sia entrato nella stanza degli specchi deformanti della Paranoia.
Ma come? Ma non volevi solo andare al mare?
Sì, è proprio solo al mare che volevo andare. E ci sono andata. Sono scesa, ho chiuso la macchina col gatto dentro,
torno presto, gli ho detto. Lui mi ha fatto blink, quel su e giù di palpebre che quando lo fanno vuol dire fiducia,
comprensione, fai quello che devi fare.
Mentre cammino ho una visione di me fuori dal mio corpo, mi vedo avanzare attraversata da una corrente che
muove le mie gambe. Le guardie sono un pensiero lontano, che non mi riguarda. Che si fottano, se mi fermano gli
dirò direttamente questo: fottetevi.E inizierò a correre, col mare davanti a me, incazzato e complice. Correrò come non ricordavo di essere capace,
sarò veloce come quella volta a Ventimiglia, dentro la nebbia dei lacrimogeni il mare non sapevo più dove fosse
finito, e correvo, correvo con tutta la paura e la rabbia di cui sono capace, guardando dritto davanti a me all’unico
compagno che conoscevo per imitarne le mosse.
Stavolta avrò il mare davanti e non potranno fermarmi.

Anna