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Bologna Scritti

Cartoline dalla scandellara – N 1

29/04

Siamo nella periferia est della città. Qui tra il centro e la zona industriale c’è un quartiere dove si incrociano linee ferroviarie, la tangenziale, e nuovi cantieri edili. Ti può capitare, svoltando all’angolo giusto, di passare in pochi metri dalla zona residenziale ad una viottola che corre lungo un fossato, che dopo pochi passi diventa sterrata, costeggia un paio di casolari abbandonati e fatiscenti, finisce con un rimboschimento di aceri, carpini, olmi, ailanti, che resiste tra un centro commerciale ed uno stoico campo di erba medica. Fanno da sfondo i rumori della tangenziale. Un fagiano se ne sta nell’erba alta a beccare, ogni tanto solleva la testa colorata per controllare i dintorni. Una lepre passa la recinzione infilandosi in un buco, si ferma ad annusare l’aria, balza dentro alla siepe d’alloro.

Nei primi giorni dopo il 9 marzo ha iniziato a comparire una timida traccia di erba calpestata al margine del seminativo, lungo la recinzione della proprietà limitrofa. Partiva dalla strada, a lato dei cassonetti e correva lungo il filare di alberi, fino a raggiungere il boschetto nascosto. Sotto le fronde, su cui si risvegliavano le prime gemme, passava chi usciva col cane, chi correva, chi cercava aria di primavera. Tutti, avessero un alibi più o meno forte per trovarsi fuori di casa, preferivano, nel dubbio, rifugiarsi in questo angolo di natura urbana selvaggia, sfuggita alla pianificazione urbanistica e perciò fuori dai radar dei controlli. Ogni giorno vedevo la traccia farsi sempre più marcata, diventare pista, sentiero, tratturo, a svelare la nuova geografia del quartiere, a tradire la nostra oasi protetta.

Sempre più spesso il fagiano doveva acquattarsi nell’erba, lentamente, al passaggio di qualche corridore, o saltare e svolazzare rumorosamente nel prato al di là della recinzione. I cani costringevano sempre più spesso la lepre a correre via, cuore in gola, nel boschetto.